L’apporto dei Comuni alla lotta contro l’evasione fiscale non può dirsi ancora al massimo delle sue potenzialità. Dai dati disponibili emerge che Emilia Romagna e Lombardia sono al top, il resto d’Italia segue con qualche affanno. Anche in questo settore si riproducono le tradizionali differenze fra le diverse aree del Paese. Il Nord si dimostra attivo, il Sud un po’ meno, anche se negli ultimi anni qualcosaè cambiato. La Sicilia, ad esempio è riuscita a risalire al quinto posto davanti a Liguria, Toscana, Friuli e Lazio dopo anni in fondo alla classifica. In totale, la partneship tra l’Agenzia delle Entrate e le amministrazioni locali ha portato nelle casse di queste ultime 71 milioni di euro dal 2011 al 2015 e il numero di Comuni che hanno ricevuto la quota incentivante è cresciuto costantemente, con una leggera flessione nel 2015: i 335 beneficiari del 2011 sono saliti progressivamente a 440 nel 2012, 516 nel 2013 fino a diventare 609 nel 2014 e 563 nel 2015 per un totale di 1.061 Comuni, ossia oltre il 13% dei municipi italiani. Le segnalazioni sono cresciute fino a un record nel 2012 (anno in cui il Comune di Bergamo, ad esempio, ha ottenuto 931 mila euro), per poi calare nel successivo triennio. Stessa sorte per la maggiore imposta accertata e per le somme riscosse.
«Partendo dalle segnalazioni qualificate che i Comuni trasmettono all’Agenzia delle Entrate – sottolinea Guido Castelli, presidente Ifel e delegato Anci per la Finanza locale – osserviamo che dal 2009 fino al 31 marzo 2016 ne sono state trasmesse 82.637, che hanno portato a una maggiore imposta accertata di 317.085.088, 46 euro e a un riscosso di 84.761.529,51 euro. L’andamento decrescente del fenomeno – spiega ancora Castelli – deve essere letto con qualche accortezza per almeno due ragioni. Da un lato, la linea adottata all’interno del fronte antievasione attivato con i Comuni è di privilegiare la proficuità alla numerosità delle segnalazioni. Come dire: poche segnalazioni, ma buone. Dall’altro, va considerato che sia la maggiore imposta accertata che il riscosso assumono valori che crescono nel tempo, perché bisogna tenere conto dei tempi di accertamento e di riscossione – continua Castelli – In un preciso momento i dati finanziari, specie quelli sul riscosso, sono più stabili, se riferiti ad annualità remote, molto meno se riguardano gli anni più recenti, essendo il riscosso il tassello conclusivo di un processo anche molto lungo. Come dire: per misurare l’accertato, ma, soprattutto, il riscosso degli ultimi due-tre anni occorre aspettare ancora un po’».