Il 2 agosto 1980, alle 10.25, la stazione centrale di Bologna salta in aria. Nell’attentato, il più grave che abbia funestato la Repubblica, rimangono uccise 85 persone e oltre 200 riportano gravi ferite. Le indagini puntano quasi subito sulla pista neofascista, ma solo dopo un lungo iter giudiziario e numerosi depistaggi (per cui furono condannati Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza), la sentenza finale del 1995 condanna Valerio Fioravantie Francesca Mambro «come appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l’attentato di Bologna» e per aver «fatto parte del gruppo che sicuramente quell’atto aveva organizzato», mentre nel 2007 si aggiunse anche la condanna di Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti. Ma i dubbi restano. Ricordare è sempre importante. Contrastare l’oblio della memoria è un obbligo per tutti, istituzioni e cittadini. Ecco perché oggi, nel 39esimo anniversario di quel tragico evento, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha detto: “Le istituzioni, grazie all’opera meritoria dei suoi uomini, sono riuscite a definire una verità giudiziaria, giungendo alla condanna degli esecutori e portando alla luce la matrice neofascista dei terroristi. L’impegno profuso non è riuscito, tuttavia, a eliminare le zone d’ombra che persistono sugli ideatori dell’attentato. È una verità che dovrà essere interamente conquistata, per rendere completa l’affermazione della giustizia”. Gli hanno fatto eco all’unisono il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, presente in Consiglio comunale a Bologna per la cerimonia di commerazione, e il Sindaco Virginio Merola.
“La disumana ferocia della strage alla stazione di Bologna è parte incancellabile della memoria del popolo italiano e della storia della Repubblica. Il trentanovesimo anniversario dell’attentato terroristico ci richiama, anzitutto, a un rispettoso raccoglimento dinanzi alle vite crudelmente spezzate. Le democrazie si nutrono dei sentimenti più profondi di umanità. È questa condivisione che ha consentito di unire le forze per sconfiggere la barbarie degli assassini, di fare prevalere il tessuto sociale che si voleva strappare, di cercare sempre e ostinatamente la verità, anche quando errori, colpevoli inerzie e ignobili complicità hanno ostacolato il percorso della giustizia. Il tempo tempo del silenzio è finito, ci stiamo muovendo finalmente tutti nella stessa direzione – ha sentenziato Bonafede – Oggi mancano ancora tasselli, la magistratura è al lavoro, un lavoro delicato dopo i processi sui depistaggi, che ci costringe ancora a una attesa, ma che ci dà la speranza di far luce finalmente su quanto accaduto senza zone d’ombra”.
“Ogni anno – ha aggiunto Virginio Merola – aumenta la partecipazione alla cerimonia e questo dà a noi la forza per continuare a chiedere verità e giustizia. Ringrazio l’associazione delle vittime perché la ricerca della verità, insieme al lavoro della magistratura, deve molto a questa associazione e alla sua tenacia nel presentare ulteriori elementi che possano portare all’accertamento della verità”.