Sprecare cibo in tempi di crisi, quando un terzo della popolazione mondiale soffre la fame, è un delitto nel senso letterale del termine. Ecco perché stanno cominciando a germogliare qua e là campagne di sensibilizzazione contro gli sprechi alimentari. E tuttavia il fenomeno persiste a dispetto delle buone intenzioni dei promotori di queste iniziative. A puntare il dito sugli scarsi risultati è, addirittura, la Corte dei Conti europea nel rapporto dal titolo “Lotta allo spreco di alimenti: un’opportunità per l’Ue di migliorare, sotto il profilo delle risorse, l’efficienza della filiera alimentare” nella quale denuncia che la Commissione di Bruxelles non svolge pienamente il suo ruolo di coordinamento e “la sua ambizione sul tema è diminuita nel tempo”.
Secondo la Corte, infatti, nonostante il tema sia discusso da anni nelle istituzioni europee e non solo, l’assenza di una definizione comune di “spreco alimentare” e di parametri condivisi per misurarlo, così come la presenza di barriere amministrative che limitano le possibilità di donazione, ostacolano un’azione coerente e chiara contro lo spreco di cibo a livello europeo. “Le politiche che dovrebbero interessarsene, come quelle agricole, della pesca e dell’ambiente – prosegue la relazione – non agiscono in modo coordinato. “Esistono mancate opportunità e potenziali miglioramenti che non richiederebbero nuove iniziative legislative o più fondi pubblici – ha affermato Bettina Jakobsen, il membro della Corte responsabile della relazione, che non fa sconti neanche sull’iniziativa più recente: la piattaforma contro gli sprechi alimentari, composta da 70 membri tra rappresentanti di paesi Ue, organizzazioni internazionali e del settore privato, inaugurata il 29 novembre scorso dal commissario europeo alla salute, Vytenis Andriukaitis. La piattaforma, secondo Jakobsen, manca il bersaglio: “Ciò che serve ora è un maggior allineamento delle politiche esistenti, un miglior coordinamento e il chiaro obiettivo politico di ridurre lo spreco alimentare”. Il rapporto si basa su audit in cinque Stati membri, tra cui l’Italia, in particolare la Regione Lazio.