Infine – dopo un intenso dibattito sull’Europa a doppia velocità (e a più velocità) poco amata da alcuni Paesi dell’est ed enfatizzata dopo il vertice dei 4 (Francia Germania Italia e Spagna) a Versailles – la Dichiarazione di Roma (2017) è stata firmata dai Capi di stato e di governo di tutti i 27 paesi (orfani dei britannici) attualmente membri dell’Unione europea. Questa firma si è svolta in un contesto caratterizzato da Brexit, virulenti nazional-populismi, euroscetticismo e attacchi (interni ed esterni) all’Ue, ma anche da manifestazioni (in tutta Europa e anche a Londra) che dicevano Sì all’UE, Sì a più’ Europa, No a muri e fili spinati. Sì alla libera circolazione anche delle persone, Sì a una riforma dell’Ue e a un cambiamento di rotta, Sì a un’Europa del lavoro, e anche sociale, Sì a sicurezza e difesa comune ecc. Per la prima volta, le parti sociali (sindacati Ong ecc.) sono state consultate e invitate – oltre che a un Vertice sociale straordinario (24 marzo 2017) – alla cerimonia della stessa firma congiunta della Dichiarazione (25 marzo 2017). Di certo c’è un cambiamento di atmosfera. Ma ci sarà un vero cambiamento di rotta? Quanto sottoscritto deve, ora, essere seguito da fatti.
«L’Unione europea – si è letto giorni fa nel settimanale inglese Economist – è un progetto franco-tedesco, ma quando c’è bisogno di una buona dose di grandiosità allora ci si rivolge all’Italia. Ironia della sorte perché se si domanda ai funzionari di Bruxelles cosa li tiene svegli la notte la risposta è sempre la stessa: l’Italia» (con una disoccupazione giovanile al 38%, una previsione di crescita ferma allo 0,9% e uno dei tassi d’occupazione più bassi dell’Ocse). I risultati di Roma – forse – smentiscono queste critiche. Ma passiamo a quanto firmato dai 27: è troppo poco ambizioso, o è troppo ambizioso?
Una cosa è certa, questa Dichiarazione segna un passo in avanti verso la giusta direzione. Tra l’altro parla – non solo di completamento dell’UEM – ma anche di investimenti, piccole e medie imprese, economie che convergano, coesione e convergenza, ambiente pulito e protetto, un’Europa sociale, una politica climatica globale positiva, un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni. Ribadisce l’unità dell’Unione senza escludere (se necessario) “ritmi e intensità” – di azione – “diversi” ma aperti. Evidenzia – in particolare – 4 campi di azione.
Ma procediamo con attenzione.
Unione indivisibile – Sì a diverse velocità – Nella “Dichiarazione di Roma” – firmata dai 27 Capi di stato e di Governo – l’unità dell’Europa, la sua indivisibilità e la possibilità per gruppi di Paesi di procedere più speditamente di altri in determinati settori (la cosiddetta “doppia velocità”) sono tutti fatti salvi. “Agiremo congiuntamente – precisa la Dichiarazione – a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile”. La doppia velocità – da alcuni considerata oramai indispensabile per un vero rilancio del Progetto europeo – è da altri guardata con sospetto. Su questo (ed altro) mi son di recente soffermata, in particolare, in un mio saggio “L’europa esiste e le spetta un futuro” pubblicato da Europa in movimento (http://europainmovimento.eu/europa/l-europa-esiste-e-le-spetta-un-futuro.html). C’è da mettersi d’accordo su cosa significa “Europa a due velocità” (e se il Gruppo di paesi che verrebbe a formarsi resterà aperto a chi vi volesse aderire). Significa traino o frattura? Significa creazione di due assi – l’asse-Nord Europa (dei paesi virtuosi) e l’asse-Sud Europa (per i paesi spendaccioni e indisciplinati) – o piuttosto rifondazione dell’Unione europea a partire dai suoi stati più anziati (i 6 fondatori? I 19 della zona euro?) ? E c’è già chi comincia a parlare anche di una possibile Unione rafforzata – a 27 – con “opting out” per chi non ne volesse far parte (probabilmente solo 3-4 paesi).
La dichiarazione e i suoi quattro Campi d’impegni – “Orgogliosi dei risultati raggiunti dall’Unione europea (…), iniziata come il sogno di pochi e diventata la speranza di molti, l’UE – sottolinea la Dichiarazione – è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità (..) Renderemo l’Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un’unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. (…) Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di influenzare le dinamiche mondiali e di difendere i nostri interessi e valori comuni”. La Dichiarazione si impegna per realizzare:
1- “un’Europa sicura” : un’Unione in cui ci possa spostare liberarmente, con frontiere esterne protette, politica migratoria efficace responsabile e sostenibile, lotta al terrorismo e criminalità organizzata ecc.
2- “un’Europa prospera e sostenibile” che “generi crescita e occupazione”, con un mercato unico (forte, connesso e in espansione) e una moneta unica (stabile e ancora più forte) che “creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese”; un’Unione che “promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell’Unione economica e monetaria; un’Unione in cui le economie convergano; un’Unione in cui l’energia sia sicura e conveniente, e l’ambiente pulito e protetto”.
3- “un’Europa sociale “ che, “sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l’integrità del mercato interno; un’Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali” – che promuova pari opportunità, lotta a discriminazioni esclusione sociale e povertà – in cui “i giovani ricevano l’istruzione e la formazione migliore e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente” – e che “preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale”. Questo quanto precisato dalla Dichiarazione.
4. un’Europa più forte sulla scena mondiale : un’Unione – con partenariati – che “promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l’Africa e nel mondo” – un’Unione “pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un’industria della difesa più competitiva e integrata” – un’Unione “impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarietà con l’Organizzazione del Nord Atlantico, tendendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali”- un’Unione attiva in seno alle Nazioni Unite “che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei proprio valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo ed una politica climatica globale positiva”.
E’ evidente che qualcosa sta cambiando. Austerità, attacchi al sistema contrattuale (se non sempre sua distruzione), tagli ai salari minimi, disuguaglianze – basti pensare agli impressionanti divari salariali (1,5 contro 15 euro ) tra Bulgaria e Lussemburgo, o alle discriminazioni salariali (ad esempio in Germania gli slovacchi sono pagati meno) riscontrabili nei paesi membri dell’Ue – nel corso degli ultimi anni hanno indotto deflazione e stagnazione. Da tempo ci si chiede -quindi – come ricostruire il Modello sociale europeo, duramente messo alla prova da crisi e austerità. Questo modello non è un ostacolo per la competitività. Al contrario è la leva per la crescita: ad esempio, la Svezia investendo il 2% del proprio Pil in investimenti pubblici ne ha ricavato benessere, rilancio della contrattazione ecc.
Ora, l’atmosfera cambia. Più forze politiche e sociali – e anche più governi (chi frena di più sembrano essere Polonia Ungheria e Danimarca) – spingono oramai nel senso di un’Europa anche sociale. Da qui la consultazione delle parti sociali sul documento firmato il 25 marzo. Da qui il Vertice sociale straordinario di alto livello, del 24 marzo, a Roma. Da qui – anche – (per la prima volta nella storia del processo d’integrazione europea) l’invito alle parti sociali alla cerimonia del 25 marzo 2017. “Bisogna difendere” le conquiste sociali in tutti i Paesi Ue “come affermato in una lettera dal primo ministro greco”: ha dichiarato il premier Paolo Gentiloni. “La Grecia ha bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno della Grecia”: ha sottolineato J.C. Juncker.
In vista del 60esimo anniversario, è stata anche adottata una Dichiarazione congiunta (CES, BusinessEurope, CEEP et UEAPME) sul futuro dell’Europa – di sindacati e imprenditori – che conferma il loro pieno sostegno all’Unione europea, a un’economia sociale di mercato in Europa, a un modello sociale forte e sostenibile, al dialogo sociale, a un incremento degli investimenti pubblici e privati e a una politica industriale ambiziosa (cfr. https://www.etuc.org/fr/presse/60%C3%A8me-anniversaire-du-trait%C3%A9-de -rome#.WNTsxvkrJPY ).
“La celebrazione del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma – ha sottolineato, da parte sua, Luca Visentini, Segretario generale della CES (Confederazione europea dei sindacati) – è l’occasione per rilanciare e rafforzare un’UE fondata su pace, democrazia, prosperità e giustizia sociale. Spero di trovare nella Dichiarazione del 25 marzo un impegno chiaro e forte – da parte degli Stati membri e delle istituzioni europee – a favore di un’Europa sociale che favorisca progresso sociale, diritti e pari opportunità per tutti, ivi incluso tra uomini e donne. Quali che siano le parole scelte nella Dichiarazione, il movimento sindacale insisterà affinché queste parole sia accompagnate da misure concrete attraverso una base di diritti sociali, una politica economica europea, ivi incluso le raccomandazioni per Paesi, più socialmente orientate, e attraverso altre iniziative”. In sintesi, sono quattro le campagne che i sindacati europei (Confederazione europea dei sindacati) stanno per lanciare:
-più posti di lavoro di qualita’ – e cioè – politiche economiche diverse, più investimenti e più investimenti pubblici (a partire dalla Grecia);
-aumento dei salari (dopo decenni di moderazione salariale) ;
-un Pilastro di diritti sociali (dimensione sociale) con convergenza verso standard elevati; emigrazione (capacita’ di accoglienza e integrazione) ;
– emigrazione (capacita’ di accoglienza e integrazione).
Prima di concludere, ancora due parole sull’Europa sociale. Chi vi sta riflettendo ha già focalizzato (oltre che i suoi possibili obiettivi) anche possibili modalità, e strumenti, per una sua realizzazione. Ad esempio, in merito agli strumenti, l’ambasciatore Rocco Cangelosi indica: una Cooperazione rafforzata, un “Social compact”, la creazione (sulla falsariga della CECA) di una nuova organizzazione con caratteristiche federali . Oramai c’è solo da scegliere. E – soprattutto – c’è da agire.