La violenza contro le donne è una piaga che non si riesce a debellare e, anzi, che sembra aggravarsi in questi nostri tempi caotici e oscuri. Per fortuna, la società civile reagisce e mette in campo efficaci azioni di contrasto. I Centri Antiviolenza – attivi da oltre vent’anni nel nostro Paese – rientrano a pieno titolo fra le iniziative che si battono per difendere le donne dalle minacce che le assediano. Si tratta di spazi autonomi gestiti da organizzazioni di donne che accolgono altre donne di tutte le età che abbiano subito violenza o che si sentano minacciate, e ne sostengono i singoli percorsi di fuoriuscita dall’incubo. Lo fanno attraverso l’accoglienza telefonica, i colloqui personali, l’ospitalità in case rifugio. Presenti su tutto il territorio nazionale, svolgono un’attività preziosa, lavorando anche a livello di formazione, prevenzione e sensibilizzazione culturale. Lella Palladino, Figura di spicco del settore, esperta in tematiche di genere, il 24 settembre 2017 è stata nominata presidente dell’associazione nazionale D.i.Re (Donne in rete contro la violenza). Realtà che raccoglie in un unico progetto oltre 80 organizzazioni di donne che affrontano il tema della violenza maschile secondo l’ottica della differenza di genere.
«Il nostro obiettivo principale – afferma Palladino nella relazione al convegno internazionale “Affrontare la violenza sulle donne”, organizzato da Erickson a Rimini – è attivare processi di trasformazione culturale e intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile sulle donne. Garantiamo alle donne che si rivolgono a noi riservatezza e anonimato e offriamo ascolto, accoglienza, supporto psicologico individuale o in gruppo, anche tramite gruppi di auto-mutuo aiuto, consulenza legale, supporto ai minori vittime di violenza assistita, orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa. Ogni centro promuove interventi di prevenzione, formazione e sensibilizzazione. Disponendo di pochissime risorse economiche – prosegue Palladino – non tutti i centri sono aperti 24 ore su 24 e riescono a garantire la reperibilità sull’emergenza, ma rappresentano la risposta più efficace alla violenza se pur in maniera disomogenea sul territorio. Anche se la situazione sta cambiando, i nostri centri restano più numerosi nelle regioni del centro nord rispetto a quelle del sud”. Chi si rivolge ai Centri Antiviolenza? “Donne di ogni tipo e provenienza socioculturale, sia nate in Italia che migranti, di tutte le età con o senza figli – risponde la Palladino – Questo conferma ancora una volta la trasversalità del fenomeno. Le donne arrivano ai Centri spontaneamente o su invio del 1522 – il numero governativo contro la violenza di genere – della rete territoriale dei servizi socio-sanitari o delle forze dell’ordine. Se ne rivolgono più di 16.000 l’anno, ma non è facile disporre di dati esaustivi e realmente rappresentativi. Nel nostro Paese bisogna lavorare ancora molto, soprattutto a livello istituzionale, per sensibilizzare sul tema della violenza maschile contro le donne. Negli ultimi anni, si è finalmente rotto il silenzio che ha negato per lungo tempo l’esistenza di questo problema strutturale nella nostra società. Nonostante tutto, però, la narrazione della violenza è ancora permeata da distorsioni e strumentalizzazioni. Bisogna continuare a insistere perché finalmente si metta in connessione la violenza contro le donne con l’asimmetria di potere tra i generi ancora presente, con le dimensioni di potere e controllo esercitate in famiglia sui corpi e i destini delle donne, con le discriminazioni che attraversano la vita delle donne in tutti i contesti relazionali e di lavoro. Basterebbe realmente recepire e attuare la Convenzione di Istanbul”, conclude Lella Palladino.