“Barcellona si è proposta come città rifugio, siamo pronti a ospitare chi fugge dalla guerra, a lavorare con le Ong, a creare case sociali e centri temporali, a garantire a tutti sanità ed educazione. Ma il governo centrale di Madrid ci ostacola … Il centro non può diventare un parco a tema per i turisti.”
Queste le parole del sindaco di Barcellona, Ada Colau i Ballano, impegnata fin dal suo insediamento nella risoluzione del problema abitativo della città, cercando di garantire il diritto alla casa.
Il settimanale di Bruxelles, Politico Europe, l’ha collocata tra “coloro che modelleranno, agiteranno, rimescoleranno” il Vecchio Continente nel 2017.
L’intento della Colau è quello di affrontare il dramma dei rifugiati rafforzando le autorità locali con metodi innovativi, impegnate in prima linea a fornire servizi alla cittadinanza.
Non a caso, il sindaco ha sanzionato le banche proprietarie di immobili sfitti, affinché possano essere rimessi sul mercato con canoni di locazione accessibili.
A oggi, in terra spagnola sono soltanto 600 i rifugiati accolti, a fronte dei 17.000 che il Paese si era impegnato a ricevere.
L’esempio di “Barcellona – città rifugio” deve servire da best practice e al tempo stesso da monito.
Esso è un progetto ambizioso e necessario, fatto di umanità e responsabilità verso chi fugge dall’orrore della guerra, non di carità come metodo di governo.