Esiste un’alternativa poco conosciuta alla rottamazione delle cartelle Equitalia, il cui termine scade oggi 21 aprile. Scaturisce dalla legge 3/2012, nata dopo i suicidi di alcuni imprenditori per difficoltà economiche. A parere degli esperti del settore consentirebbe di eliminare i debiti di 20 milioni di persone e facendo incassare allo Stato oltre 35 miliardi di euro. Potrebbe, infatti, riguardare diverse categorie: partite Iva, chi non riesce a pagare le rate dopo aver perso il lavoro, piccoli artigiani, chi ha una start up o un’impresa agricola. E’ il cosiddetto ‘Concordato dei piccoli’ che ha potenzialità enormi per il consumatore, il quale può far fronte ai debiti in modo coerente con le proprie risorse per il creditore e per il bilancio pubblico, stimabile in oltre due punti di Pil.
Una norma senza scadenza, a differenza della rottamazione delle cartelle esattoriali, ma complessa e poco nota al grande pubblico . Sarebbero infatti opportuni da parte del Governo chiarimenti e semplificazioni. Dai dati forniti dal Ministero della Giustizia risulta che nel 2016 sono stati 948 i piccoli debitori insolventi o consumatori sovraindebitati che hanno chiesto assistenza a un Organismo di composizione delle crisi. Numeri bassi per un bacino potenzialmente enorme.
Un italiano su tre ha un debito con Equitalia: da incassare per conto di enti pubblici ci sono 817 miliardi, il 43% (351) è difficilmente recuperabile: 147,4 miliardi sono dovuti da soggetti falliti, 85 da persone decedute e imprese cessate, 95 da nullatenenti. Recuperando il 10% del denaro ‘incagliato’, circa 35 miliardi di euro, il risultato sarebbe superiore a una manovra finanziaria. I crediti nei confronti dei privati invece sono quasi 60 miliardi, di cui 47 riferiti al settore bancario-finanziario-leasing, secondo Unirec, l’associazione confindustriale delle imprese dei servizi a tutela del credito. Nell’ipotesi più cauta il recupero su questo fronte supererebbe i 6 miliardi.
Dei 948 casi assistiti nel 2016 da un Occ, Organismo di composizione della crisi – 89 in Italia di cui 72 hanno risposto alla rilevazione del ministero della Giustizia – il 16% (152 casi) è in fase di valutazione; per il 50% (474) è stato scelto il piano del consumatore; per il 29% (275) è stato avviato l’iter di accordo ai creditori; il 5% (47) ha seguito la procedura di liquidazione del patrimonio. Chi ha fatto ricorso alla norma si concentra al Nord (50%), rispetto al Centro (20%) e al Sud e Isole (30%). Dall’inizio dell’anno a Milano sono 63 le istanze arrivate sulla scrivania del presidente del tribunale fallimentare.
Nel 2016 – secondo i dati forniti dal ministero della Giustizia – sono state concluse 152 procedure, in particolare 56 casi di proposta di accordo (37%); 82 di piano del consumatore (54%); 11 casi di liquidazione del patrimonio (7%). I costi per il lavoro dei professionisti e la complessità delle tre procedure scoraggiano i debitori. E’ un professionista (avvocato, commercialista, notaio) nominato dal presidente del tribunale o dall’Occ a vagliare la soluzione migliore. Varie le decisioni lungo la Penisola, fino agli sconti record: a Como il tribunale ha decretato la riduzione dei debiti fiscali di un lavoratore dipendente da 509mila euro a 5mila (-89%), da circa 1,4 milioni a 350mila euro a favore di un’imprenditrice, a Busto Arsizio ha limato una cartella Equitalia da 86mila a 11mila euro (-87%). Il piano del consumatore è la proposta di abbattere e rateizzare i debiti, viene approvato mediante omologa del giudice (entro sei mesi dal deposito del piano) se il debitore è ritenuto meritevole dello sconto. L’accordo presentato da enti e imprese non fallibili richiede che sia accettato dal giudice e dai creditori che rappresentano il 60% dei propri debiti. Con la liquidazione, invece, il debitore mette a disposizione il suo patrimonio che viene venduto da un liquidatore nominato dal tribunale, con gli introiti si ripagano i debiti.