Il nuovo Governo è alle porte? Meglio così, perché dovrà affrontare immediatamente un dossier a dir poco scottante fra i tanti che l’attendono: l’aumento dell’Iva e delle accise previsto dalle clausole di salvaguardia. Secondo la Cgia di Mestre, sempre puntuale in fatto di numeri, se non si eviterà in qualche modo questa eventualità, nel corso del 2019 ogni famiglia italiana subirà un incremento medio d’imposta pari a 242 euro. In particolare, tale rincaro sarà pari a 284 euro per famiglia al Nord, a 234 euro nel Centro e a 199 euro nel Mezzogiorno. Infatti, se non saranno recuperati entro la fine di quest’anno 12,4 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 24,2%, mentre quella ridotta dal 10 salirà all’11,5%. Di conseguenza, a partire dall’anno prossimo l’Italia diventerà il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata di Eurolandia, facendoci balzare in testa alla classifica dei Paesi più tartassati dalle imposte indirette del Vecchio Continente. Sarebbe proprio un amaro primato, giacchè dalla sua introduzione a oggi, prosegue la Cgia, sono trascorsi 45 anni. L’aliquota ordinaria dell’Iva, infatti, è entrata in vigore per la prima volta nel 1973 e fino a quest’anno è aumentata 9 volte, passando dal 12% all’attuale 22%. Negli altri Paesi è andata un po’ meglio. In Germania c’è stata una variazione di 8 punti, dall’11 al 19%; l’Olanda ha avuto un incremento di 5 punti (dal 16 al 21%); l’Austria e il Belgio, hanno registrato aumenti rispettivamente del +4% e del +3%. La Francia è l’unico Paese che non abbia subito alcun incremento.
“Se è vero che in questi 45 anni – conclude il Segretario della Cgia, Renato Mason – abbiamo subito l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, a esclusione della Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto non sarà ulteriormente spostato in avanti, dal 2019 i consumatori italiani saranno sottoposti all’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i Paesi dell’area dell’euro, con un serio rischio che l’economia sommersa assuma dimensioni ancor più preoccupanti”.
Per il coordinatore dell’associazione, Paolo Zabeo, “bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva. Non solo perché colpirebbe in particolar modo le famiglie meno abbienti e quelle più numerose, ma anche perché il ritocco all’insù delle aliquote avrebbe un effetto recessivo per la nostra economia. Ricordo, infatti, che il 60% del Pil nazionale è riconducibile ai consumi. Se l’Iva dovesse salire ai livelli record previsti, per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti sarebbe un danno enorme, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna”, conclude Zabeo.