L’agricoltura è un settore in continua espansione con una crescita dell’80% in dieci anni e 1.200 realtà totali operanti in Italia.
La Coldiretti in occasione della presentazione del Rapporto sull’Agricoltura Sociale del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, ha annunciato la nascita della rete di agricoltura sociale Campagna Amica.
La aziende iscritte a Campagna Amica sono 937, ed esercitano attività di agricoltura sociale ai sensi della legge 141/2015, offrendo servizi che vanno dal reinserimento socio lavorativo di soggetti disagiati, disabili o problematici, all’educazione ambientale, alle attività terapeutiche e ai servizi alle comunità locali.
La metà delle aziende che si occupano di agricoltura sociale ha sede nel nord Italia, il Piemonte e l’Emilia Romagna sono le regioni con più esperienze, il 16 % è collocato nelle regioni centrali Lazio, Marche e Abruzzo e il restante 34% si trova nelle regioni meridionali con la Puglia protagonista nel Mezzogiorno.
Un’azienda su tre – evidenzia la Coldiretti– si occupa di reinserimento socio lavorativo, il 15% di si occupa di percorsi riabilitativi o di sostegno a disabili o minori, puntando sulla grande capacità di stimolo affettivo di animali realizzando una vera e propria pet therapy sociale e una fetta del 6% che struttura progetti sociali sulla produzione di miele con i ‘pastori delle api’.
Per l’avvio delle attività un’azienda su quattro ha utilizzato anche finanziamenti esterni che sono arrivati nel 30% dei casi da fondi pubblici europei oppure da enti e istituzioni locali e nazionali (ministero, regioni e comuni), ma esiste anche un canale di finanziamento è di origine privata che comprende i fondi raccolti tramite operazioni di crowdfunding e con le donazioni.
Lungo tutta la Penisola, nelle aree rurali come in quelle periurbane – sottolinea la Coldiretti – le esperienze sono molto diversificate, c’è chi si occupa di persone con problemi di dipendenza, chi si dedica all’ortoterapia, ippoterapia e altre attività con disabili fisici e psichici di diversa gravità, ma ci sono anche realtà che seguono il reinserimento sociale e lavorativo di persone oppure che puntano allo sviluppo di un’attività agricola volta al miglioramento del benessere e della socialità.
L’agriwelfare italiano nasce quindi dall’innesto dei percorsi di riabilitazione e di reinserimento sociale in attività agricole tradizionali come la coltivazioni, l’allevamento, l’agriturismo, le fattorie didattiche e anche le vendite dirette che con il 60,2% sono anche il canale più utilizzato per l’offerta dei prodotti, seguito dai gruppi di acquisto (35,1%) e dai mercati contadini e rionali (32,2%), dalla ristorazione (22,3%) e da altri negozi del proprio territorio (19,9%), senza trascurare neppure le vendite on line (11,4%). Rilevante è poi il fatto che oltre il 10% delle realtà conferisca una quota delle proprie produzioni alle mense a fronte di una crescente sensibilità della ristorazione collettiva verso le produzioni del territorio che portino anche il valore aggiunto della solidarietà verso gruppi sociali meno fortunati e in difficoltà.