L’Unione europea allenta i cordoni della borsa a favore dei Comuni italiani. Con il prossimo ciclo di programmazione (2021-2027) dei finanziamenti Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale), infatti, gli enti locali potranno contare in totale su 4,5 miliardi di finanziamenti, di cui 1,5 mld per la prima volta destinati alle zone interne e in particolar modo ai piccoli Comuni, grazie all’introduzione della riserva del 5%, e 3 miliardi per le aree urbane piccole e medie e le grandi aree metropolitane. La cosa più importante riguarda una maggiore flessibilità nei conti, grazie allo scorporo del cofinanziamento per i progetti e gli investimenti strategici dal Patto di stabilità. Queste le principali novità contenute nelle modifiche al Regolamento 2021-2027 sui fondi strutturali europei approvato in commissione sviluppo regionale lo scorso 14 febbraio e ora in attesa del voto finale in assemblea plenaria previsto per il 26 marzo.
Nel complesso, il Parlamento Ue ha chiesto di aumentare a 378 miliardi il budget della politica di coesione rispetto a 330 miliardi della proposta della Commissione, da ripartirsi nel modo seguente: 222 miliardi per le regioni meno sviluppate, 51 miliardi per le regioni in transizione, 39 miliardi per le regioni più sviluppate, 46 miliardi per il Fondo di coesione, 20 miliardi suddiviso in altri fondi.
«Oltre ai piccoli Comuni e alle aree urbane medio-grandi – segnala il relatore delle modifiche al regolamento – un’altra novità del nuovo programma di Fondi Ue riguarda i parchi naturali e i distretti turistici a cui per la prima volta viene assegnato un ruolo attivo nella realizzazione delle politiche di coesione. Agli enti locali viene inoltre affidato un ruolo strategico nella promozione e nella integrazione di lungo termine di migranti e rifugiati. Non solo. Dalla nuova politica di coesione sono in arrivo anche finanziamenti per la prevenzione dei rischi, non solo per gli eventi dovuti al cambiamento climatico (come inondazioni e frane), ma anche per eventi calamitosi come i terremoti. Completano il quadro i fondi per i trasporti. «Abbiamo cambiato la posizione della Commissione che escludeva la possibilità di finanziare il materiale rotabile. Noi pensiamo che le grandi infrastrutture viarie realizzate con i fondi europei (come le Metropolitane) debbano poter essere completate anche con l’acquisto dei treni necessari al funzionamento», ha concluso il relatore.