Il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl anticorruzione che contiene una serie di misure, come il Daspo per i corrotti e l’impiego dell’agente sotto copertura. Il ddl anticorruzione è uno dei provvedimenti “particolarmente significativi e qualificanti delle iniziative di governo. E’ un provvedimento che si inquadra nell’ambito delle riforme strutturali che servono al Paese”, ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa dopo il cdm. Con questo provvedimento, ha detto Conte, il governo punta a “restituire al nostro Paese competitività. L’Italia ha risorse culturali, economiche e sociali: bisogna cercare di realizzare le condizioni perchè queste potenzialità si sviluppino”.
In attesa di conoscere la stesura definitiva, ecco i punti salienti contenuti nella bozza discussa e approvata. Non è punibile chi denuncia per tempo episodi corruttivi e offre elementi che consentano di blindare la prova del reato e di individuare i responsabili della corruzione. Questo uno dei punti salienti del testo su cui ha lavorato il ministero della Giustizia secondo quanto prevede la bozza del disegno di legge anticorruzione (29 pagine) circolato in queste ore. La novità è rappresentata dalla previsione di una speciale “clausola di non punibilità per la spontanea, tempestiva e fattiva collaborazione”. Non è punibile, insomma, chi prima di essere indagato “entro tre mesi dal fatto commesso, lo denuncia spontaneamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare gli altri responsabili”.
L’obiettivo degli estensori del testo del ddl è teso a “rompere il muro di omertà e la catena di solidarietà” che protegge “le fattispecie tipicamente bilaterali quali sono quelle corruttive”. Altra novità nel testo della bozza è l’introduzione della perseguibilità d’ufficio per il delitto di corruzione tra privati con l’abrogazione del comma che prevedeva la querela della persona offesa “salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza dell’acquisizione di beni o servizi”. Pur migliorando la sua posizione negli ultimi anni nella lotta alla corruzione, l’Italia, secondo quanto scritto in premessa nella bozza, nell’ultimo rapporto della ong Transparency International occupa la 54esima posizione su 180 nazioni prese in esame. E il livello di corruzione percepita nel settore pubblico è ancora molto alto e mantiene il nostro Paese in posizione lontana dai vertici della classifica europea.
Aumentano le pene per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione: oggi il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni riceva indebitamente denaro o altre utilità rischia da uno a 6 anni, con la riforma Bonafede da 3 a 8 anni. Anche la riparazione pecuniaria a favore della pubblica amministrazione dopo sentenze per reati di corruzione, che ora è “pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio”, cambia: la riforma prevede che sia “determinata in relazione alla gravità dell’offesa e comunque non inferiore a euro 10.000”. Aumentano le pene per il traffico di influenze illecite, che ora vanno da uno a tre anni e vengono innalzate fino a 5 anni di reclusione. Sono previste delle cause di non punibilità per chi prima di essere indagato o “entro tre mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia spontaneamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili”. E per il pubblico ufficiale questo vale a patto che metta disposizione utilità o denaro percepiti e fornisca elementi utili a individuarne il beneficiario effettivo. Il ddl interviene anche sul codice civile e la corruzione tra privati, prevedendo la procedibilità d’ufficio: viene infatti abrogata la norma che stabiliva che “si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”. Lo stesso vale anche per l’istigazione alla corruzione tra privati.
“Se una persona è condannata in via definitiva per corruzione (e 8 nuovi reati sono stati inseriti) non avrà più la possibilità di stipulare contratti con la Pubblica amministrazione. Per condanne fino a due anni, il Daspo può durare da 5 a 7 anni. Quando invece la condanna è superiore a 2 anni il Daspo è a vita, scritto nero su bianco. Il mio messaggio è che da ora in poi non se la cava più nessuno”, ha confermato Bonafede durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi. L’agente sotto copertura – ha confermato – “era nel contratto di governo. Ora sarà utilizzabile dall’autorità giudiziaria anche nei reati di corruzione contro la Pa”.
Una revoca del daspo dagli appalti potrà essere concessa in caso di riabilitazione, ma solo passati 12 anni dall’espiazione della pena. Un periodo di tempo a cui vanno aggiunti i tre anni previsti per ottenere la riabilitazione. E’ quello che prevede – a quanto si apprende – una delle principali modifiche introdotte nel ddl anticorruzione approvato dal Cdm. Se il soggetto è recidivo, i tempi aumentano, perché in quel caso servono 10 anni per chiedere la riabilitazione.