Le stime diffuse dall’Istituto nazionale di statistica si riferiscono a due distinte misure della povertà: quella assoluta e quella relativa, che derivano da diverse definizioni e sono elaborate con varie metodologie, utilizzando i dati dell’indagine campionaria sulle spese per consumi delle famiglie.
Vediamo così che nel 2017 sono state stimate in povertà assoluta, ben un milione e 778mila famiglie residenti di cui fanno parte 5 milioni e 58mila persone. Rispetto al 2016 la povertà assoluta è cresciuta in termini sia di famiglie sia di persone.
L’incidenza di povertà assoluta è pari al 6,9% per i nuclei familiari (da 6,3% nel 2016) e all’8,4% per le persone (da 7,9%). Due decimi di punto della crescita rispetto al 2016 sia per le famiglie sia per gli individui si debbono all’inflazione registrata nel 2017. Entrambi i valori sono i più alti della serie storica, che ha preso avvio a partire dal 2005.
Lo scorso anno l’incidenza della povertà assoluta fra i minori è rimasta elevata e pari al 12,1% (1 milione 208mila, 12,5% nel 2016); si attesta inoltre al 10,5% nelle famiglie dove è presente almeno un figlio minore, rimanendo molto diffusa tra quelle con tre o più figli minori (20,9%).
L’incidenza della povertà assoluta è aumentata soprattutto nel Mezzogiorno sia per le famiglie, passate dall’8,5% del 2016 al 10,3%, che per gli individui (da 9,8% a 11,4%), con un serio peggioramento registrato nei Comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei Comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà è aumentata inoltre nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.
Dal rapporto dell’Istat vediamo che l’incidenza della povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Il valore minimo, pari a 4,6%, è stato registro infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (9,6%).
A testimonianza del ruolo centrale del lavoro e della posizione professionale, la povertà assoluta è diminuita tra gli occupati (sia dipendenti sia indipendenti) ed è aumentata tra i non occupati; nelle famiglie con persona di riferimento operaio, l’incidenza della povertà assoluta (11,8%) è più che doppia rispetto a quella delle famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (4,2%).
Cresce rispetto al 2016 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento che ha conseguito al massimo la licenza elementare: dall’8,2% del 2016 si porta al 10,7%. Le famiglie con persona di riferimento almeno diplomata, mostrano valori dell’incidenza molto più contenuti, pari al 3,6%.
Anche la povertà relativa è cresciuta rispetto al 2016. Nel 2017 ha riguardato 3 milioni 171mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente).
Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne.
L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5%) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,0%), queste ultime in peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.
Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% al Sud)