La tassa automobilistica si prescrive in tre anni a decorrere dal primo gennaio dell’anno successivo a quello previsto per il pagamento, e non dopo 10 anni come prevedeva il vecchio orientamento.
E’ quanto ribadito dalla VI Sezione civile, sottosezione tributaria, della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20425 depositata il 25 agosto scorso.
Si considera quindi illegittima la cartella di pagamento che arrivi una volta trascorsi i tre anni. Perché però entri in gioco la prescrizione, il contribuente deve impugnarla davanti alla giustizia tributaria entro i termini previsti.
Nel caso oggetto dell’ordinanza, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato, dopo una sentenza della CTR del Lazio, da Equitalia Sud Spa contro una contribuente in relazione ai termini di prescrizione del bollo auto relativo all’anno 2001.
La Cassazione ha confermato così quanto già statuito dalle Sezioni Unite della stessa Corte (Cass. 17 novembre 2016, n. 23397), ovvero “il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. ‘conversione’ del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati di riscossione mediante ruolo”, così “che, ove per i relativi crediti – si legge nell’ordinanza – sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.