In Grecia l’agonia è senza fine. Il parlamento di Atene ha approvato giovedì scorso un’altra serie di misure draconiane che prevedono tagli alla spesa pubblica per complessivi 4,9 miliardi di euro. Con questa ulteriore mazzata sullo già stremato popolo dell’Ellade il Governo spera di assicurarsi un alleggerimento dei debiti e nuove erogazioni di prestiti da parte dei creditori dell’Unione europea e del Fmi entro la fine di maggio. In realtà si stringe ancor di più il cappio intorno al collo della nazione. In concreto, si tratta di decurtazioni delle pensioni e di minori sgravi fiscali nel 2018-2021. La decisione ha provocato immediati tafferugli nelle piazze: lancio di lacrimogeni da parte della polizia, cui ha fatto seguito una selva di bottiglie molotov scagliate da giovani incappucciati. Almeno 10mila i manifestanti nelle strade. La protesta dilaga.
Il primo ministro, Alexis Tsipras, ha motivato la dolorosa scelta dei tagli con la necessità di sbloccare il pagamento di una tranche di finanziamento in contanti in tempo utile prima del rimborso di scadenze debitorie che incombono in luglio. In cambio, ha promesso di introdurre alcune misure di sostegno alla povertà, come le sovvenzioni sugli affitti e sulle medicine. “Pannicelli caldi”, le definiscono le opposizioni. L’unica speranza, secondo il Governo, è che dalla riunione dei Ministri dell’Eurozona venga il via libera all’erogazione dei 7 miliardi di euro di finanziamenti di salvataggio già concessi. “Siamo nella fase finale … la maggior probabilità è che avremo un accordo il 22 maggio o pochi giorni dopo”, ha commentato il portavoce dell’esecutivo, Dimitris Tzanakopoulos a Skai TV.