A scattare l’ultima istantanea è Legambiente, nel Report “Abbatti l’abuso” che ci dice come in Campania, negli ultimi tre lustri, sia stato demolito solo il 3% delle case abusive oggetto di ordinanza, in Calabria il 6%, in Puglia il 16,3% e in Sicilia il 16,4%. Stando ai dati il Friuli Venezia Giulia è la regione che ha eseguito il maggior numero di provvedimenti di demolizioni: 65,1%. E secondo l’Associazione sono confortanti i risultati della Lombardia (37,3%), del Veneto (31,5%), della Toscana (24,8%) pur essendoci ancora molto da fare.
Se si guarda poi alle rilevazioni del Cresme (2016) si può vedere che tra nuove costruzioni e i vari ampliamenti di edifici già esistenti, gli abusi edilizi nel Belpaese si attestano a 17.000 casi. Le aree costiere sono tra le più interessate al fenomeno, con una media di 247 ordini di abbattimenti. Nel Lazio, in Puglia e in Sicilia, come pure dalla Liguria alla Sardegna i casi si moltiplicano.
Il Sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro, giusto lo scorso anno in un intervento su Repubblica ha dichiarato: “Se c’è una sentenza di demolizione di una casa abusiva, la sentenza va eseguita”, non è possibile “demolire la legalità”. “Il diritto alla casa esiste – ha sottolineato – ma è garantito dallo Stato in altre forme”. E il Consiglio di Stato in più di un caso ha ribaltato che “l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati né, ancora, una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare”.
Ma qual è la situazione? In Italia l’immobile abusivo colpito da un ordine di abbattimento che non viene eseguito entro i tre mesi successivi, diviene a tutti gli effetti di proprietà del Comune. Tuttavia, secondo i dati di Legambiente, negli uffici comunali preposti quasi nessuno applica queste prescrizioni, visto che rispetto ai 57.432 abusi non demoliti censiti dall’Associazione ambientalista, solo il 3% di essi è stato acquisito al patrimonio comunale.
Alcuni mesi fa Legambiente ha chiesto al Parlamento d’intervenire con una proposta legislativa che renda più rapido ed efficace l’istituto delle demolizioni degli immobili abusivi, avocando innanzitutto la responsabilità delle procedure di demolizione agli organi dello Stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e i Sindaci. L’Associazione ritiene inoltre necessario intervenire su altri tre aspetti che concorrono all’efficacia delle procedure di ripristino della legalità in materia di abusivismo: il controllo della Corte dei Conti sul danno erariale prodotto; il rapporto tra la prescrizione del reato di abusivismo e la demolizione; l’effetto dei ricorsi per via amministrativa sull’iter delle demolizioni.
Legambiente propone quindi d’istituire un fondo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025 per chiudere la stagione dei condoni edilizi e completare finalmente l’esame di milioni di pratiche ancora inevase e sepolte negli uffici comunali (secondo uno studio di Sogeea nel 2016 risultano ancora inevase 5.392.716 pratiche di condono edilizio, alcune addirittura risalenti al primo, quello del 1985). Procedendo, infine, all’emersione degli immobili non accatastati, le cosiddette “case fantasma”.