E’ stato appena pubblicato l’Annuario statistico italiano, che comprende 24 capitoli all’interno dei quali i dati Istat sono presentati nel dettaglio regionale, accompagnati da un confronto sintetico con i quattro anni precedenti. Partendo da un’analisi territoriale il 2016 è stato un anno caratterizzato da un’intensa attività sismica, la maggiore degli ultimi trent’anni, concentrata soprattutto nelle regioni dell’Appennino centrale: Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. Qui infatti sono stati localizzati gli epicentri dell’87% dei terremoti di magnitudo superiore a 3.0 . Complessivamente sono stati 140 i Comuni colpiti dagli effetti della sequenza sismica (compresi quelli interessati dalle scosse del 18 gennaio 2017 con epicentro in provincia di L’Aquila.
Seguitando ad analizzare i territori vediamo che nel nostro Paese prevalgono i Comuni di piccole dimensioni: il 46,3% non supera i 20 chilometri quadrati di superficie e il 69,9% ha una popolazione pari o inferiore ai 5.000 abitanti. Negli ultimi anni gli incentivi all’accorpamento dei Comuni ne sta riducendo il numero, sceso da 8.100 a 7.998. Il 67,8% dei Comuni italiani ha un basso grado di urbanizzazione e raccoglie appena il 24,1% della popolazione. I Comuni ad alta urbanizzazione sono invece soltanto il 3,4%, ma vi risiede il 33,4% della popolazione complessiva. Tra il 2011 e il 2016, diversamente da quanto accaduto nel decennio 2001-2011, i centri capoluogo stanno registrando un nuovo incremento demografico, in alcuni casi maggiore di quello delle loro cinture urbane di primo e secondo livello.
Popolazione e famiglie, ancora in calo la popolazione residente
Per quanto riguarda la popolazione residente, al 31 dicembre 2016 ammontava a 60.589.445 persone, oltre 76.000 in meno rispetto all’inizio dell’anno. Nel 2016 il saldo naturale negativo si è ridotto, dopo quasi un decennio, passando da -161.791 a -141.823; le iscrizioni anagrafiche sono cresciute passando da +31.730 a +65.717, ma pur raddoppiando non sono riuscite a contrastare il saldo naturale negativo. Al 1° gennaio 2017 la popolazione straniera residente ammontava a 5.047.028 persone, l’8,3% del totale dei residenti con un incremento rispetto all’anno precedente dello 0,4% (20.875 persone), il doppio di quello registrato ad inizio 2016. E sempre nel 2016 un dato saliente ha riguardato il trend negativo delle nascite (-12.342), che si sono attestati a 473.438 con un tasso di fecondità complessiva pari a 1,35 figli in media per donna. Nello stesso anno i decessi sono stati 615.261, diminuendo di 32.310 rispetto all’anno precedente. Il quoziente di mortalità è passato dal 10,7 al 10,1 per mille. La speranza di vita alla nascita (vita media) riprende a crescere e passa da 80,1 a 80,6 anni per gli uomini e da 84,6 a 85,1 per le donne. L’Italia resta, insomma, uno dei Paesi più vecchi al mondo, con 165,3 persone con 65 anni e più ogni 100 persone con meno di 15 anni.
Per quanto riguarda poi sanità e salute, vi è ancora divario tra il Nord e il Sud del Paese soprattutto per l’offerta ospedaliera. Nel periodo 2013-2015 il numero dei medici di base è leggermente in calo (-1,2%) e pressoché stabile il numero dei pediatri (-0,5%). E’ cresciuto,m invece, il numero di posti letto nelle strutture di assistenza residenziale (4,4% in più dal 2013 al 2015) , mentre si sono ridotti i posti letto ospedalieri, specialmente quelli in “regime per acuti”. Rimangono, infine, le differenze della rete d’offerta ospedaliera tra le regioni: i posti letto ordinari per 1000 abitanti restano superiori al Nord rispetto al Mezzogiorno. Negli ultimi cinque anni le dimissioni ospedaliere per acuti sono state in progressiva diminuzione nonostante l’invecchiamento della popolazione. La riduzione dei ricoveri è tuttavia proseguita a ritmi decrescenti (-4,3% tra il 2012 e il 2013 e circa -3% negli anni successivi), segnale di una progressiva sensibilizzazione del fenomeno.