Nel Messico, martoriato da una guerra civile strisciante che perdura da troppo tempo, la geografia del potere criminale dei narcos sta mutando. Le conseguenze sulla società civile e le istituzioni, ai vari livelli, sono rilevanti e meritano qualche riflessione. Un fenomeno preoccupante balza subito agli occhi: Sindaci e amministratori locali sono sempre più nel mirino e pagano un pesante tributo di sangue. Stando al conteggio di Alcaldes de México, nell’ultimo decennio ne sono stati assassinati ben 111. L’anno appena trascorso è stato uno dei peggiori. E il 2018 non promette nulla di buono. A cosa si deve questa mattanza che sembra inarrestabile? Lo spiega, in un dettagliato articolo pubblicato su Eastwest.eu, Marco dell’Aguzzo, fornendo interessanti spunti analitici della realtà messicana. Il cuore del suo ragionamento ruota intorno a una constatazione incontrovertibile: “La strategia della “decapitazione” dei cartelli, adottata nel 2006 con la guerra alle droghe di Calderón, ha modificato profondamente non solo il numero, ma anche l’identità stessa delle organizzazioni criminali messicane. Fintanto che in Messico risiedevano pochi gruppi di grandi dimensioni – come il Cartello di Sinaloa o quello del Golfo – tutti impegnati nel narcotraffico internazionale, i narcos avevano scarso interesse a ricercare la collaborazione dei sindaci e degli enti locali, poiché inutile o irrilevante. Il collasso di queste organizzazioni, conseguenza della cattura o dell’eliminazione delle figure al loro comando, ha portato però alla formazione di centinaia di nuove bande criminali dal margine d’azione molto più ristretto: in assenza dei mezzi e dei contatti necessari al contrabbando oltrefrontiera, queste gang hanno iniziato a dedicarsi alle estorsioni, ai rapimenti, allo spaccio di droghe e al furto di benzina e legname”.
In altre parole, il business criminale si è spostato da una dimensione transnazionale a una locale, all’interno della quale il rapporto con i municipi, i Sindaci e i funzionari che li amministrano, è divenuto centrale per l’operatività dei “cartellitos” (bande di narcos di piccole dimensioni). Da costoro traggono informazioni, appoggi, complicità, oppure ostilità, se il personale amministrativo non collabora. E allora, interviene la violenza a eliminare gli ostacoli, a intimidire, a ricattare, per piegare la volontà dei funzionari pubblici che non ci stanno. Così fioccano gli omicidi, le minacce e le aggressioni di ogni genere. La sequenza dei delitti è impressionante. Ce la ricorda sempre Marco dell’Aguzzo: “Il 1° gennaio del 2016, Gisela Mota Ocampo… trentatré anni… era appena diventata sindaca di Temixco, una città nello stato messicano di Morelos. La sua amministrazione durò soltanto ventiquattr’ore: il giorno dopo venne assassinata, secondo la versione ufficiale, da alcuni sicari dei Los Rojos, una piccola organizzazione criminale che si contende il controllo di questa fetta di Messico con la gang rivale dei Guerreros Unidos… Due anni fa come oggi. Il 29 dicembre 2017, ad esempio, è stato ucciso Arturo Gómez, amministratore della città di Petatlán, nel Guerrero: è stato il nono Sindaco a venire assassinato nel 2017, un altro record per un anno che è stato il più mortifero anche per i giornalisti (ben dodici casi, come in Siria) e in cui si sono più volte superate le duemila morti violente al mese… l’ultimo caso quello di Adolfo Serna, giovane aspirante sindaco di Atoyac (Guerrero), freddato in un ristorante la notte di San Silvestro; nella stessa settimana ci sono stati altri tre episodi analoghi in diverse parti della nazione”.
Fare pronostici è sempre cosa azzardata e tuttavia le fosche previsioni per il 2018 non sono campate in aria. La ragione è semplice. La violenza verso i politici tende infatti a crescere in periodo elettorale, e il prossimo 1° luglio si terranno – oltre alle elezioni presidenziali in tutta la nazione – le elezioni locali in trenta stati del Messico su trentadue. Quando nel giugno 2015 si svolsero le elezioni di medio termine, in cui si votò anche per l’elezione di più di trecento Sindaci, otto candidati vennero assassinati. Il forte incremento del numero di omicidi dal 2015 al 2017 e la maggiore “politicizzazione” del crimine organizzato, sempre più attento agli esiti elettorali nei propri territori, lasciano presagire, appunto, uno scenario ancora più drammatico per l’anno in corso. Del resto – come avverte Dell’Aguzzo – “in Messico il legame tra istituzioni locali e criminalità è spesso bidirezionale: per molti sindaci – e addirittura per alcuni governatori statali – formare un’alleanza con una gang ben radicata rappresenta la strada più pragmatica e più rapida per il mantenimento del potere e per l’arricchimento personale”.