Conservazione della memoria come difesa dell’identità tout court od oblio della memoria come rimozione di una storia inaccettabile per ricostruire un’identità depurata, affrancata dal passato e interamente proiettata verso un futuro fondato sul politically correct? Questo il tema controverso, fra i tanti più delicati e urgenti, che si presenta in queste torride giornate agostane, proprio mentre l’Occidente è sotto rinnovato attacco terroristico di matrice jihadista. Minacciato e aggredito proprio da chi è caparbiamente ancorato a un’identità oscurantista e obsoleta. Diversi gli episodi che ci ripropongono l’enigma, sia a casa nostra che a livello internazionale.
Recentissimi i fatti di Charlottesville, dove gruppi suprematisti della destra americana oltranzista e razzista hanno dato vita a una manifestazione finita male, con la morte di un dimostrante della fazione contraria. L’iniziativa era stata indetta per protestare contro la rimozione di una statua di Robert E. Lee, comandante dell’esercito confederato nella guerra di secessione del 1861-65. Dopo un sofferto dibattito il Consiglio comunale della città ha poi deciso di non di abbattere, ma di spostare da una location centrale a una meno centrale la statua del controverso generale. Nel frattempo, i consiglieri comunali di Chicago stanno valutando se sia opportuno rimuovere il monumento al gerarca fascista Italo Balbo, donato da Benito Mussolini alla metropoli dell’Illinois nel 1933. Misure che fanno pensare, che destano perplessità. In tal senso c’è da considerare l’opinione autorevole del professor Jim Grossman, che dirige la prestigiosa American Historical Society: “Rimuovere una statua da un luogo pubblico e metterla in un museo non cancella la Storia. Semmai cambia il modo in cui capiamo la Storia. Il che avviene di continuo, con la scoperta di documenti e ponendo nuove domande. C’è una differenza fra Storia e memoria, tra Storia e commemorazione”. Indubbiamente una distinzione acuta, quella proposta da Grossman, ma che non sopisce le aspre polemiche in corso in tutti gli States. Da Washington alla Silicon Valley.
Se, tuttavia, l’America è in subbuglio e sta riaprendo antiche ferite, il nostro Paese non è certo sereno e tranquillo in proposito, giacchè non ha mai avuto troppa confidenza con la memoria. Ne ha avuta piuttosto con l’assenza di memoria. A rinfocolare gli animi, ad accendere la discussione nei talk show e nelle sedi della politica, è giunta la proposta di legge, presentata alla Camera a prima firma di Emanuele Fiano, del Partito Democratico, che punisce la propaganda del fascismo e del nazismo con immagini o contenuti di cui vieta produzione e vendita. Immediate le reazioni del Movimento 5 Stelle che ha consegnato alla commissione Affari costituzionali, dove giace al momento il testo, un parere nel quale si sostiene che “il provvedimento in esame si palesa sostanzialmente liberticida”. E non è finita qui. Ci si è messa anche Laura Boldrini, presidente della Camera, a gettare benzina sul fuoco con le sue dichiarazioni, forse travisate e strumentalizzate, affermando che i monumenti del Ventennio potrebbero offendere la memoria di chi ha liberato l’Italia dalla tirannia Nazi-fascista.
Il dibattito è aperto, la querelle continua. Per parte nostra possiamo soltanto proporre qualche scarna considerazione: la battaglia culturale, la difesa di un punto di vista sulla storia passata non possono e non devono significare la cancellazione di ciò che è stato, nel bene e nel male. Non servono le leggi per combattere i rigurgiti fascisti e razzisti. Non è utile abbattere i monumenti del Ventennio (tantomeno l’EUR), serve invece il rilancio di un pensiero critico in grado di affrontare le questioni del nostro tempo in modo adeguato. Adeguato in quanto capace di far vivere nella realtà odierna i principi sanciti da quello che è forse il documento più importante prodotto dall’Umanità nel suo percorso di liberazione: diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.