“La Rete sta correndo un grave pericolo. E il pericolo arriva direttamente dall’Europa e si chiama riforma del copyright. La scorsa settimana – ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio – nonostante i nostri eurodeputati abbiano provato ad opporsi in tutti i modi, è passata una linea che maturava dopo almeno due anni di contrattazioni”.
La direttiva sulla modernizzazione del diritto d’autore è ormai prossima e i diversi punti comprendono l’adeguamento del copyright all’ecosistema digitale e alle sfide delle nuove tecnologie; il rafforzamento dei diritti e la promozione di un più maturo bilanciamento tra l’interesse degli autori-editori e quello generale per tutelare la stampa, a garanzia del giornalismo di qualità e dell’accesso dei cittadini all’informazione.
Il punto di vista del ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro è tuttavia un altro:”Vogliono mettere il bavaglio alla rete inserendo la cosiddetta link tax, ovvero un diritto per gli editori di autorizzare o bloccare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni. E, soprattutto, vorrebbero garantire un controllo ex ante sui contenuti che i cittadini vogliono condividere. Praticamente deleghiamo a delle multinazionali che spesso nemmeno sono europee, il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato – ha detto ieri Di Maio durante il suo intervento all’Internet Day di Agi”.
“Ci opporremmo con tutte le nostre forze a partire dal Parlamento europeo, siamo anche disposti a non recepire la direttiva se dovesse rimanere così com’è. Immagino piuttosto, uno Stato che per tutelare il diritto all’informazione, interviene e fornisce gratuitamente una connessione ad Internet di almeno mezz’ora al giorno a chi non può ancora permettersela”.
“Dal punto di vista delle tecnologie – ha concluso il titolare del Mise – questo governo continuerà il percorso di potenziamento delle infrastrutture di rete, portando avanti gli investimento nel piano Banda ultralarga e 5G”.
Gli articoli contestati sono il numero 11 e il 13. Il primo prevede una sorta di tributo, a carico delle grandi aziende come Google e Facebook, che deve essere pagato ogni volta compaiano sulle loro piattaforme notizie di testate e quotidiani. Il secondo prevede, invece, che i contenuti coperti da diritto d’autore e pubblicati online senza permesso vengano rimossi o mostrati con una pubblicità.